Ritorno in Francia
La storia si ripete: ritorno in Francia

Historia magistra vitae, insegnano i latini. Eppure, nonostante gli indicibili orrori e la sostanziale inutilità della Prima Guerra Mondiale, il primo settembre del 1939 la Germania invade la Polonia e due giorni dopo Francia e Inghilterra dichiarano guerra alla Germania. Come se non fosse successo nulla, il mondo si preparava a una nuova guerra - che sarebbe stata peggiore della precedente, sotto tutti gli aspetti.

Ritorno in Francia Venti anni prima, correva la primavera del 1919, le porte del "21", il Quartier Generale dell'American Field Service a Parigi, erano state chiuse per sempre; inoltre, a partire dal 1920, l'American Field Service aveva mutato pelle, trasformandosi in una associazione tesa a favorire gli scambi studenteschi fra la Francia e gli Stati Uniti. Anche negli Stati Uniti il clima era cambiato: la crisi economica del 1929 e alcune scelte di politica interna avevano determinato un clima di diffidenza e cupo isolazionismo.

Il fondatore dell'American Field Service, Abram Piatt Andrew era morto il 3 giugno del 1936: ma aveva lasciato l'associazione nelle mani forti di Stephen Galatti, un quarterback che avrebbe saputo guidare la squadra di AFS in tutto il mondo.

Pochi giorni dopo lo scoppio della guerra, nei nuovi uffici di New York donati all'AFS da quattro ex ambulanzieri che lavoravano come soci in uno studio di avvocati - Curtin, Miller, Mitchell & Taliaferro - Galatti e i suoi più stretti collaboratori prendono una serie di decisioni, che avrebbero avuto conseguenze enormi per il futuro.

Primo. L'American Field Service doveva rinascere come servizio di ambulanzieri. L'avvocato Taliaferro sottopose al Dipartimento di stato l'apposita application: per consentire all'American Field Service di operare nuovamente sul teatro di guerra senza violare la neutralità americana. Poco tempo dopo, il rinato servizio ricevette la registrazione n. 94 del Dipartimento di Stato.

Ritorno in Francia Secondo. Su espressa indicazione del governo francese, il neonato servizio richiedeva volontari giovani. Ciò significava limitare la partecipazione degli ambulanzieri più anziani, reduci della Prima Guerra Mondiale. In proposito, Galatti si esprime molto chiaramente:
«Penso che sia molto difficile, per ciascuno di noi, rendersi conto che questo è un lavoro adatto a volontari che abbiano la stessa età che avevamo noi quando siamo partiti; da ora in poi, noi dobbiamo consacrarci alla promozione del Servizio tentando di risvegliare l'interesse di persone capaci di sostenerci economicamente. Dobbiamo anche renderci conto che la nostra responsabilità è quella di assicurare la continuazione del Servizio, affidandoci a uomini più giovani di noi».

Grazie alla rete di AFS capillarmente diffusa in tutti gli Stati Uniti le richieste dei volontari sono molto numerose; molto più difficile risulta ottenere l'indispensabile sostegno economico. Non mancano i vecchi amici: Anne Vanderbilt, Helen Patch (sorella di Abram Piatt Andrew), e molti altri. Ma la vera svolta si verifica quando l'ambasciatore americano a Parigi, William C. Bullitt accetta la carica di presidente onorario dell'American Field Service.

I tempi erano maturi per un incredibile ritorno in Francia. Presto l'American Field Service sarebbe tornato in azione.

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Ritorno in Francia
Ritorno in Francia

Ultimati i preparativi, i volontari della sezione 1 raggiungono la Francia convinti di dover prestare servizio fra le trincee, in una lunga guerra di posizione. L'inarrestabile avanzata dei panzer Tedeschi smentisce quella facile ipotesi.

Ottobre 1939. Galatti decide che a guidare le operazioni in Francia, nel nuovo ufficio aperto sull'avenue des Champs-Elysées, sia Lovering Hill - un veterano dell'American Field Service che durante la Prima Guerra Mondiale aveva servito come ambulanziere a partire dal 1914, era poi stato inviato nei Balcani con AFS e aveva concluso la sua esperienza combattendo come capitano del corpo degli artiglieri da campo dell'esercito degli Stati Uniti.

La progettazione delle ambulanze è affidata a William Henry Wallace (immagine 3: è il secondo a sinistra), che le ridisegna a partire da una vettura della General Motors sormontata da una carrozzeria costruita da artigiani parigini: più facile a dirsi che a farsi perché, con la mobilitazione generale imposta dalla guerra, i meccanici o andavano a combattere come soldati o erano trasferiti in officine militari. La produzione di 20 ambulanze cominciò nel novembre del 1939 e l'ultima fu consegnata solo il 14 maggio del 1940.

Mancava, a questo punto, il benestare del governo francese. A dare la buona notizia si incarica il comandante de Montravel, che durante la Prima Guerra Mondiale aveva apertamente favorito la nascita di AFS: Galatti riceve una comunicazione ufficiosa il 17 febbraio; ufficialmente il governo francese acconsente il 18 aprile.

Ritorno in Francia Intanto, il 23 marzo 1940 la sezione n. 1 dell'American Field Service salpa da New York per raggiungere le coste francesi. Dopo due settimane di navigazione, i volontari americani arrivano a Parigi e vengono alloggiati presso la Maison américaine della Cité universitaire.

L'arrivo alla Gare de Lyon è memorabile: appena scesi dal treno vengono circondati dai fotografi e dai giornalisti; poi è la volta dei dignitari delle ambasciate. Il giorno dopo tutti i giornali francesi danno ampio risalto alla notizia: «L'Histoire se répète. Les premiers volontaires de l'American Field Service sont arrivés ce matin à Paris», questo è il titolo di un articolo apparso sulla prima pagina dell'Intrasigeant di giovedì 4 aprile 1940. Ritorno in Francia

Mentre i volontari dell'American Field Service si esercitano all'interno della Cité universitaire , mentre viene ultimata la preparazione delle ambulanze, e mentre un comitato di benvenuto si appresta a organizzare la cerimonia ufficiale prevista per il 21 maggio, i Tedeschi avanzano a velocità impressionante.

Conclusa l'invasione del Belgio e dei Paesi Bassi il 10 maggio, l'esercito tedesco con la manovra detta "colpo di falce" si dirige direttamente su Parigi, aggirando la linea difensiva francese, la Maginot. In tutta fretta, la mattina del 18 maggio, il convoglio di ambulanze dell'AFS abbandona una Parigi deserta, in preda al panico, e si dirige 60 Km a nord, a Beauvais.

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Una guerra senza musica

Peter Muir, ambulanziere volontario dell'American Field Service, ha lasciato una testimonianza diretta del suo servizio in una autobiografia romanzata, intitolata A war without music.

Peter Muir, giunto in Francia insieme ai primi volontari nella primavera del 1940, racconta con intelligenza e ironia i momenti spesso tragici della campagna di Francia, che vide fronteggiarsi Tedeschi e Francesi soltanto per un mese e mezzo, prima della resa incondizionata dei Francesi il 25 giugno del 1940.

È una guerra triste, definita da lui senza musica perché non fu mai veramente combattuta, che lasciò nei Francesi non collaborazionisti rabbia e incredula frustrazione. Ritorno in Francia

Giunta a Beauvais, la sezione degli ambulanzieri AFS si trova a fronteggiare una serie di gravissimi imprevisti: la difficoltà di avere notizie sulla situazione militare, l'impossibilità di stabilire una base operativa, una massa enorme di civili in fuga, l'atroce novità dei bombardamenti aerei - che facevano sembrare l'artiglieria della Prima Guerra Mondiale un gioco da bambini.

Evacuato l'ospedale di Beauvais sotto le bombe, la sezione degli ambulanzieri riceve l'ordine di spostarsi a nord, verso la città di Amiens, martellata da giorni dall'aviazione tedesca.

«Continuavamo ad avanzare, sempre avanti nella notte, con il flusso di profughi e di soldati in ritirata che sciamavano all'infinito nella direzione opposta. Lugubre è forse il miglior aggettivo per descrivere questa scena animata e silenziosa che avveniva nel dramma più tragico della vita.

Lentamente, mentre avanzavamo, un bagliore rosso opaco apparve nel cielo a nord. Non era la direzione giusta per il sorgere del sole , e comunque il mio orologio segnava solo due e mezza. Troppo presto. Utilizzando una torcia elettrica ricoperta di carta blu scuro in modo che non si vedesse a dieci metri di distanza, ho localizzato il prossimo centro abitato sulla mappa. A nord c'era Amiens! Il bagliore doveva essere quella città - orgogliosa di possedere una delle più belle cattedrali del mondo - in fiamme. E questa era la nostra destinazione!

A mano a mano che avanzavamo, il bagliore diventava più luminoso, finché vedemmo sorgere e fluttuare contro il cielo grandi colonne di fumo nero. E in queste nubi si riflettevano le fiamme dalla città che, sotto, bruciava: una scena al tempo stesso magnifica e terribile, una scena che Dante nei suoi momenti più fantasiosi difficilmente avrebbe potuto superare.

Ritorno in Francia Feci fermare il convoglio per un controllo finale sulla cima di una collina che domina Amiens. Nel 1918 avevo visto il bombardamento di questa stessa città da parte di un cannone tedesco dal punto esatto in cui ci trovavamo ora. Sembrava incredibile. Quanto era diversa questa guerra dalla precedente. Trovandomi in quel luogo, di notte, a guardare la città in fiamme, mi sono tornate in mente le pagine degli anni 1914-18... ho pensato alla vecchia guerra come una guerra romantica. A quel tempo era sembrata altamente meccanizzata, ma ora? Amatoriale: questa è la parola che mi è venuta in mente. Mi ricordavo del cannone tedesco che martellava per giorni e settimane di fila senza fare i danni che un singolo passaggio di cinquanta bombardieri potrebbe fare oggi in 30 secondi. [...] Il convoglio era intatto. Anche Alex Week, che guidava il camion pesante con la cucina - roulotte al seguito, era lì con noi. Ma potevo condurre gli uomini in quell'inferno di fiamme? La domanda balenò nella mia mente e trovò subito risposta. Gli ordini del colonnello. Avevo già risposto: "Oui, mon colonnel." E là c'erano i feriti».

Durante i primi giorni di servizio nell'inferno di Agel, Beauvais e Amiens, gli ambulanzieri dell'AFS trasportano più di diecimila feriti, scavano sotto le macerie, offrono i primi soccorsi ai civili. Il caos è enorme: invece dell'attesa guerra di trincea, i Francesi si trovano a dover combattere una guerra di movimento, caratterizzata da ritirate repentine e spaventosi bombardamenti aerei.

Ritorno in Francia L' 8 giugno arriva l'ordine di ritirarsi, ancora più indietro. Gli ambulanzieri ripiegano prima 20 km a est, poi inesorabilmente verso sud: Bouffémont a pochi chilometri a nord est di Parigi e poi ancora Houdan e Pontlevoy sempre più a ovest. La linea di comando è saltata. Nessuno sa dove sono i Tedeschi.

La mattina del 17 giugno Peter Muir è molto preoccupato. Non solo la ritirata e le voci insistenti di una resa da parte dei Francesi; ma anche quattro ambulanzieri che mancano all'appello. Decide di andare a cercarli. Pare che i Tedeschi abbiano oltrepassato la Loira - a pochi chilometri da lì. Impossibile. In compagnia di un autista, Herbert de Belle, Peter Muir oltrepassa a tutta velocità la Loira all'altezza di Chaumont: la sua corsa si arresta davanti a una postazione di mitragliatrici. Salvati dalla croce dipinta sulla fiancata dell'auto, Muir e de Belle cadono in mano alle truppe d'assalto tedesche.

Dopo estenuanti interrogatori e una notte di angoscia, il mattino dopo si presenta un'occasione al cambio della guardia. Questo il racconto di Peter Muir - che mise abilmente a frutto la sua conoscenza del tedesco:

«Guardavamo allontanarsi i nostri precedenti sorveglianti che, con un incedere solenne, sparivano al primo tornante della strada che conduceva al campo di prigionia dove avevamo passato una notte così poco confortevole. Il sergente di turno diede l'ordine di rimettersi in marcia. Diresse il suo sguardo verso di noi, che ce ne stavamo seduti sul davanzale della finestra, e ci rivolse la parola: "Ehi, voi altri ! Rientrate nei ranghi. Chi credete di essere?". Espirai lentamente il fumo della mia sigaretta, scagliando negligentemente il mozzicone dall'altra parte della strada; poi, schiarendomi la voce, risposi: "Se voleste avere la gentilezza di mostrarvi più rispettoso nei confronti di un ufficiale e di venire qui, avrò il piacere di dirvi chi siamo».

Il tono della mia voce lo sorprese. E sorprese anche me. Avevo avuto un'arroganza degna di un capitano prussiano. Venne verso di noi, non sapendo se doveva arrabbiarsi o mantenere il controllo in quanto mio inferiore gerarchico. Risposi distrattamente al suo saluto. "Noi siamo..." cominciai, sentendo De Belle mettersi al mio fianco. Lui non capiva il tedesco, ma avendo avuto una formazione teatrale, sapeva istintivamente che questo era il momento decisivo. "Noi non facciamo parte della colonna che vi è stata affidata e non siamo mai stati prigionieri. Stiamo aspettando una macchina che ci porti a Parigi».

L'incredibile storia ha successo. E Muir insieme al suo compagno vengono scortati a Parigi, dai Tedeschi, dove si dileguano.

Nel frattempo, l'AFS continuava la sua fuga verso sud. Quattro giorni dopo, il 22 giugno, l'armistizio di Compiègne. Tutto il personale dell'AFS parte per l'Inghilterra dal porto di Hendaye, al confine con la Spagna; le ambulanze vengono mandate all'Ospedale Americano di Neully. Peter Muir - ufficialmente prigioniero tedesco - si metterà presto in contatto con le truppe francesi libere. Il compito di AFS in Francia era finito.

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